“Raccontami , Musa, dell’uomo versatile che vagò tanto, dopo aver distrutto la sacra rocca di Troia; vide molte città di uomini e ne conobbe la mente, e nel suo animo soffrì molte pene per mare, lottando per la sua vita e il ritorno dei suoi compagni” Omero, Odissea , 1-5 , p.3, Einaudi, Torino,2010
“Camminare è la grande avventura, la prima meditazione: è un addestramento del cuore e dell’anima.”

La metafora del viaggio introduce modalità differenti di approcciare il mondo psichico , modalità con caratteristiche molto specifiche ma anche punti di contatto e di incontro. L’immaginazione attiva, l’approccio estetico espressivo, oppure quella forma di viaggio breve e intenso rappresentato nel EMDR, nella mia prospettiva sono unificati nel recupero dell’anima , ovverosia delle varie anime: anime divise , frammentate , ed anche anime “perdute” nell’impatto traumatico. Un viaggio di andata che si auspica abbia un ritorno, una esperienza itinerante sicuramente complessa , tra immaginazione e realtà.
E’ pur sempre l’ Anima che incontriamo e recuperiamo nel percorso analitico e questo può avvenire seguendo varie strade , utilizzando approcci diversi e diversificati in ogni relazione terapeutica.

Il viaggio rappresenta sul piano simbolico la ricerca interiore, spirituale , psicologica .Questa la prospettiva junghiana. Nel mito Eroe è colui che intraprende il viaggio e si predispone all’avventura , va dunque incontro a peripezie di ogni genere, affronta , combatte , sconfigge e uccide mostri , confrontandosi con avversari potenti pericolosi si avventura in mondi misteriosi fronteggiando forze oscure e ostili . L’Eroe rappresenta una modalità dell’Io , quella che si rende attiva e intraprende il viaggio, affrontando i propri suoi aspetti oscuri e pericolosi e andando incontro ad una trasformazione psicologica.
In tutte le mitologie e l’Eroe viene chiamato ad intraprendere un ‘impresa, è appunto questo il mitologema del viaggio pericoloso. Anche nella fiaba che si presenta sempre strutturalmente diversa dal mito troviamo figure magari più familiari ma che compiono imprese straordinarie.

Che la nostra psiche sia strutturata per “viaggiare” , che sia fatta per ’immaginare’ , lo testimonia la presenza dell’attività onirica che sul piano fenomenico manifesta la necessità della mente di sognare, di peregrinare… da un’immagine all’altra , di esplorare una condizione e un’altra dell’esperienza. Il sogno e il sognare sono parte integranti di una mente sana che elabora di continuo i significati e i nessi della propria esperienza, portandola dai livelli concreti ai livelli simbolici, ma anche compensando, quando è necessario ciò che manca all’Io sul piano della realtà e trasformando.
Come scrive Ovidio nelle Metamorfosi:
“Nulla conserva la propria forma; ma la Natura, la grande rinnovatrice, trae di continuo forme dalle forme” …

IL RITORNO POSSIBILE

-Gli disse in risposta l’astutissimo Odisseo:”Non devi meravigliarti tanto , Telemaco, di vedere tuo padre in questa casa; qui non arriverà mai nessun altro Odisseo ; io sono quello che tanto ha sofferto e vagabondato , e nel ventesimo anno ritorno in patria. Questa che vedi è l’opera della dea predatrice che mi ha mutato come vuole, e per quello che vuole; ora simile ad un mendico e un’altra volta a un giovane che porta addosso abiti splendidi: è facile agli dei che possiedono il vasto cielo dare gloria ad uomo mortale , oppure avvilirlo”
Omero, Odissea201-212 , p.401 Einaudi
Non sempre per l’Eroe alla fine del viaggio c’è un ritorno come per Odisseo, molto spesso gli eroi rimangono nell’arco del proprio destino tragico . Odisseo, Ulisse , che si camuffa da “reietto delle isole” , straccione e mendicante , sembra così procedere nel suo viaggio attraverso una condizione depressiva, simulando a necessità anche la pazzia, è un eroe fuori del comune perché incarna un tipo di coscienza che fin dall’inizio mostra attraverso la ferita la propria vulnerabilità:
“la cicatrice di Ulisse incorpora la ferita lungo tutto il cammino” (p.53)
“ la ferita cicatrizzata, sembra riferirsi a un individuo la cui anima può prendersi cura di lui, una persona il cui sangue vitale circola attraverso i complessi nutrendoli e tenendoli puliti, come un eros che si auto contiene. Non si aspetta che la guarigione giunga da altrove. Essa emerge dalla profondità della ferita e lascia una cicatrice, una cicatrice che è sempre visibile alla propria nutrice”. J. Hillman, p,52
Ulisse rappresenta uno stile i coscienza di chi si assume la propria ferita e ne fa il suo stesso contenitore, dalla ferita scaturisce il suo cammino, il suo processo di indiviaudazione.
“Costruire il vaso psichico di contenimento- che è un altro modo di dire fare anima- sembra richiedere sanguinamento e perdita quale suo presupposto. Perché dovremmo altrimenti compiere quest’opera se non fossimo spinti dalla disperazione per la nostra condizione di in-continenti? Lo spaesamento dall’anima quale caos dell’anima e quale vaso si mostra in diversi modi: come un passaggio dalla debolezza e dalla sofferenza all’umiltà e alla sensibilità; dall’amarezza e dal lamento a un senso del sale e del sangue; dalla focalizzazione sul dolore emotivo di una ferita- le su cause, i suoi contorni, le sue cure- a un ingresso nelle profondità immaginali; dallo spostarsi dell’utero nelle donne e nel “femminile” al suo locus entro il proprio ritmo corporeo”. (p.43)
Bibliografia
Italo Bertolasi , Nell’anima del mondo, Urra –
James Hillman Saggi sul puer , Raffello Cortina Editore, 1988